22 Ottobre 2025

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Francesco Rossi: «Leoni non è un docufilm, ma 100 anni di storia del Poggibonsi e il legame unico con la comunità»

Francesco Rossi: «Leoni non è un docufilm, ma 100 anni di storia del Poggibonsi e il legame unico con la comunità»

di Lorenzo Castelli

Lacrime, risate, emozioni e ricordi: continua il grande successo del docufilm “Leoni”, diretto da Francesco Rossi e prodotto da Kahuna Film. Un vero e proprio excursus di quella che è stata la storia dell’Us Poggibonsi, un meraviglioso ritratto della squadra e della città. Un messaggio d’amore per una comunità storica come quella poggibonsese, che ha sempre avuto un legame speciale con i giallorossi.

Abbiamo intervistato Francesco Rossi, l’autore di “Leoni”, esplorando il percorso che ha portato alla creazione di questo contenuto, fino alla parte più emotiva e ai retroscena di questi mesi di lavoro dietro la macchina da presa.

Cosa ha voluto regalare alla comunità poggibonsese con il docufilm “Leoni”?

«Spero e credo di aver regalato un documento che possa rimanere, oltre a una bella storia. Non basta il centenario di una squadra di calcio per poter creare un documentario che abbia un suo appeal. Ci vuole anche una storia, dei fatti che siano adatti ad essere narrati sotto questa forma. Quando mi è stato proposto dalla Kahuna Film, di scrivere e di dirigere questo documentario, mi sono subito reso conto che c’era il potenziale per poter fare un bel lavoro, per poter raccontare qualcosa di unico. Abbiamo immortalato 100 anni di questa squadra e di questa città e di questo io sono molto orgoglioso. Ho avvertito un grande senso di responsabilità nei confronti della mia comunità».

Quali sono stati i momenti che più le sono rimasti nel cuore in questi mesi di duro lavoro?

«I momenti sono tanti, perché ho avuto la fortuna di parlare con tutti gli intervistati prima di iniziare le riprese. Questo oltre che a essere molto utile ai fini del prodotto, è anche molto bello ed emotivamente coinvolgente. I momenti che ti toccano sono quelli più divertenti, ma anche quelli più drammatici. L’intervista con Gattai, Vaselli e Sardi ci ha messo a dura prova, perché in certi momenti sembrava proprio di stare all’interno di un cabaret programmato. Invece erano interazioni del tutto naturali. Momenti bellissimi e soprattutto sinceri. Più difficile invece, la parte relativa a Stefano Lotti. Nel raccontare la sua storia ho avvertito un grandissimo senso di responsabilità».

C'è un momento toccante che ha raccontato?

«Mi è capitato da parlare con Davide Cei, che ha condiviso con me un dei ricordi più intimi di quel tremendo periodo, successivo alla scomparsa di Stefano. Le parole di Davide mi hanno veramente colpito. Quando mi disse che lui smise di prendere il treno per venire agli allenamenti, dopo la scomparsa di Stefano, perché proprio da quel treno, ogni giorno, vedeva affacciarsi proprio Stefano, che si sporgeva dal finestrino solo per fargli capire in quale carrozza fosse, ecco lì ho fatto veramente fatica a trattenere le lacrime e ho chiesto a Davide se volesse condividere questo episodio all’interno del documentario, perché è un racconto di una portata emotiva potentissima».

Si aspettava questa grandissima risposta da parte del pubblico? Da giorni i poggibonsesi riempiono le sale del Politema.

«Non voglio peccare di falsa modesta, ma dico di no. La realtà però dice altro, per me è fonte di enormie gioia vedere le sale piene e la fila di persone fuori dal Politeama. La serata della “prima” per me è stato veramente un momento speciale. Non era la prima volta che presentavo qualcosa, ma farlo qui, nella mia città, davanti alla mia famiglia, in un cinema dove sono cresciuto: è stato veramente il massimo. Vedere il pubblico così emozionato, per me, che ho messo l’anima in questo progetto, è fonte di enorme soddisfazione. Sono rimasto colpito in positivo dall’affetto e dalla risposta della città nei confronti del film».

Da dove nasce l’idea di Leoni?

«Questo progetto nasce da una lunga chiacchierata che feci con l’allora direttore generare del Poggibonsi, Giacomo Guidi. La volontà era quella di creare qualcosa per il centenario, qualcosa che andasse fuori dagli schemi. Qualcuno disse anche: “Ma non siamo il Milan, la Juve o l’Inter, non abbiamo scudetti o Champions League da raccontare”. Però a me questa idea mi aveva stuzzicato fin da subito, perché ho sempre trovato che la storia sociale di Poggibonsi e del Poggibonsi, fossero legate a doppio filo in ognii momento e in ogni contesto. Per molti anni ho ascoltato i racconti dei miei genitori, racconti veramente epici di alcune stagioni e di quello che è successo in alcuni episodi specifici. La famosa sfida di Perugia, ha rappresentato per tutti i poggibonsesi, molto più di una semplice partita di pallone».

Trasferta di Perugia che ha raccontato con il cuore

«All’epoca mia mamma, che al calcio aveva sempre dato un peso relativo, lavorava a Salerno. Per la sfida di Perugia, partì con il treno dalla Campania per tornare a Poggibonsi e ripartire alla volta del capoluogo umbro. Un legame indissolubile tra squadra e comunità che spero di aver reso al meglio all’interno di Leoni. Lo consiglio anche a tutte le persone che non amano il calcio o il mondo del calcio, perché non si tratta solo di un documentario sportivo, ma di un film che racconta un’epoca, una società e una comunità».

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