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Addio a un artista inimitabile: Stefano Benni

Addio a un artista inimitabile: Stefano Benni

di David Taddei 

Ho conosciuto Stefano Benni nel 1983, avevo ancora 19 anni e scarrozzavo artisti per conto di un folle certaldese, Primo Poli, già tenutario del teatro tenda e poi dei leggendari incontri alla Limonaia di Certaldo.

All’epoca non sapevo neanche chi fosse Benni. Fui incaricato di andarlo a prendere alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze, nel primo pomeriggio di un giorno qualsiasi. Come mio (orribile) costume, arrivai in netto ritardo. Mi aspettava semisdraiato sul suo zaino appoggiato a una colonna del terminal. Era evidentemente scocciato. Siccome l’auto era mia, il tempo era mio e non erano previsti rimborsi di alcun tipo, non gli diedi alcun peso.

Erano tempi diversi, non c’erano smartphone, nemmeno cellulari, nemmeno le email o Internet, i fax erano una roba di lusso. Era un mondo più largo e lungo, quasi misterioso agli occhi di oggi. Non c’era Google per sapere chi fosse Stefano Benni. C’era solo Stefano Benni, lì, davanti a me. Bar Sport e la Luisona per me erano nomi privi di significato.

Parlammo, tanto, a lungo, per tutto il viaggio, fino a Certaldo. Ridemmo, era semplice, arguto e divertente. Forse era il primo vero artista che vedevo da vicino. Rimasi alla Limonaia per ascoltare le sue prove.

Prima o poi l’amore arriva” mi conquistò e declamata da lui è molto diversa e molto più bella che letta soltanto.

Rimasi tutta la sera, per tutto lo spettacolo. Fu una full immersion in una delle menti che, all’epoca, mi sembrava fuori dagli schemi e di una raffinata ironia.

Presentava il suo romanzo Terra, un mix fantascientifico pieno di perle. La più bella che ho usato mille volte e che ricordo ancora, recita: una piccola forza può fare grandi cose, se il cuore è colmo e decidi di procedere.

È stata un po’ la barra dritta che ho tenuto nella mia vita, sbagliando spesso, e che, mi piace pensare, continuerò a tenere.

A lui devo molti tratti del mio pensare e del mio scrivere, il gusto per la satira e il sarcasmo, le parole semplici ma piene.

Fra tutti i panegirici e i superlativi che si sprecheranno adesso che se n’è andato, spero di leggere qualche commento dei soloni e dei mezzobusti televisivi in cui si ricorda quei libri, fantastici, che la nostra letteratura ufficiale si è dimenticata. Perché se la raccolta di poesie “Prima o poi l’amore arriva”, i racconti Bar Sport e i romanzi Terra!, Baol, La compagnia dei Celestini, Elianto ecc. sono acclamati da tutti, nessuno ricorda o ristampa due libercoli sanguinosi e ispidi che segnarono gli anni Settanta.

Alzi la mano che ricorda “La tribù di Moro seduto” oppure “Non siamo stato noi”. Una censura senza bisogno della censura li ha fatti sparire, da molti anni. Non fanno parte della letteratura italiana ufficiale e nessuno li ha mai ristampati.

La tribù di Moro Seduto, uscito per Mondadori nel 1977, è il primo libro pubblicato da Stefano Benni, una raccolta di racconti satirici e parodici.

Si tratta di brevi storie, scritte con ironia corrosiva, che prendono di mira vizi e contraddizioni dell’Italia degli anni ’70: il consumismo nascente, i meccanismi della politica, il giornalismo spettacolo, il mondo della pubblicità e i miti della società contemporanea. Il titolo stesso è un gioco di parole: rimanda ironicamente al capo indiano “Toro Seduto”, ma anche alla figura politica di Aldo Moro, leader della Democrazia Cristiana in quegli anni, con evidente intento satirico. Col sennò di poi, sembra il libro di profezie di Nostradamus.

Lo stile è quello che poi diventerà tipico di Benni: un linguaggio inventivo, ricco di neologismi, parodie, accostamenti surreali e un umorismo che smaschera i paradossi della realtà. Il libro si inserisce nel filone della satira politica e sociale, vicino per tono alle pagine che Benni scriveva su il Manifesto e L’Espresso.

"Non siamo Stato noi" è una raccolta di saggi e racconti satirici pubblicata dall'editore Savelli nel 1978, che analizza con sguardo ironico le vicende politiche italiane, come la fuga di Kappler o il potere dei media e della televisione, attraverso uno stile surreale che diventerà tipico di Benni.

Chissà quanti ricorderanno queste due pubblicazioni scrivendo il necrologio di uno dei più fantastici scrittori contemporanei che abbiamo avuto.

Che la terra ti sia lieve, inimitabile artista.



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