30 Ottobre 2025

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L’Assessora e i PassaVeline

L’Assessora e i PassaVeline

di Simona Pacini

L'altro giorno, senza che avessi fatto niente per meritarlo, sono stata contattata da un'Alta rappresentante dell'attuale governo cittadino. Me ne stavo tranquilla, nell’otium, come Seneca ai tempi di Nerone, quando il display del cellulare si è improvvisamente illuminato. Incuriosita, ho letto. Su WhatsApp è apparso lo screenshot di un articolo e un messaggio dal tono aggressivo e perentorio che ho avuto seria difficoltà a interpretare. In pratica l’Amministratrice, senza un saluto di cortesia né una domanda per sincerarsi se ne fossi veramente io l’autrice, mi accusava di avere stravolto un suo comunicato stampa. 

«Tra scrivere (io) che ci sono una serie di disservizi - era il gentil messaggio - e scrivere (te come se lo avessi detto io ma non è così) che (*NOME AZIENDA*) NON FUNZIONA c’è una bella differenza. Chiedo rettifica immediata perché NON HO SCRITTO CIO’ CHE TU DICI CHE HO SCRITTO».

Tanta gentilezza e savoir faire mi hanno di colpo precipitato fuori dall’otium, lasciandomi appena la forza di rispondere: “Prego?”.

«Sono stata chiara o ti ci vuole il disegnino?» ha proseguito con lo stesso stile l’Amministratrice Pubblica.

In effetti un disegnino, le ho scritto, ci sarebbe stato bene dal momento che non avevo la minima idea di che cosa stesse parlando.

«L’articolo mi dicono che è suo», ha detto l’Assessora virando repentinamente sul lei.

Ah ecco.

 «Mi dicono». 

Rifletto: il direttore della testata on line con la quale collaboro non è stato interpellato, questo è sicuro, perché mai si sognerebbe di attribuirmi qualcosa che non ho fatto. Quindi quali sarebbero le fonti dell’Amministratrice? Mistero. 

«C’è un comunicato. Si attenga al comunicato», conclude, perentoria, l’Assessora.

Ma quante questioni in uno scambio così breve… Sono indecisa da quale partire.

Buona creanza e giusta procedura, due regole fondamentali

Ma iniziamo dalla BUONA CREANZA.

Chiunque, a maggior ragione una persona che riveste un incarico pubblico, dovrebbe essere tenuto ad avere un comportamento educato e rispettoso nei confronti delle persone cui si rivolge. 

Forse il messaggio: “Buongiorno, c’è un passaggio che ritengo non consono nel nostro comunicato pubblicato dalla testata con cui lei collabora per questo vorrei chiedere una rettifica” è rimasto bloccato nel telefono dell’Assessora. 

Poi ci sarebbe la GIUSTA PROCEDURA per la quale se su una testata compare qualcosa che riteniamo non corretto ci si rivolge, sempre in modo civile ed educato, al direttore o direttrice della stessa, magari via mail e preferibilmente da un account ufficiale. Chi riveste un ruolo pubblico dovrebbe conoscere come ci si comporta. Si dovrebbe anche sapere che la stampa, sia quella amica che quella ritenuta avversa, rappresenta soggetti autonomi, con diritti e doveri, tra i quali non figura quello di eseguire tout court gli ordini di chicchessia. 

Invece la frase dell’Assessora, scritta nero su bianco, oltre a far venire i brividi, fa pensare l’esatto contrario.

«C’è un comunicato. Si attenga al comunicato».

Otto parole che cancellano in un sol colpo l’identità professionale del giornalista, la libertà di stampa, i corretti rapporti tra Istituzioni e comunicazione e la Comunicazione Istituzionale stessa

Il Minculpop e le veline

Si ricorderà che, durante il Ventennio, Mussolini istituì il MinCulPop, il Ministero della Cultura Popolare, con il compito di diffondere i comunicati ufficiali del governo fascista che, per il tipo di carta sulla quale venivano stampati, erano chiamati veline. Ovviamente era vietatissimo togliere o aggiungere anche una sola parola.

Ci pare che il concetto di libertà di stampa dell’Assessora non sia molto lontano da quello applicato in quella infelice fase della nostra Storia.

L’ignoranza (nel senso di ignorare) della Pubblica Amministratrice non si ferma a questo, purtroppo. 

Quando parla di cose che avrebbe detto lei ma che in realtà non ha mai detto, l’Assessora si riferisce in realtà a un titoletto che il redattore ha inserito tra un paragrafo e l’altro del comunicato.

Un titoletto spezza testo, utilizzato per rendere più leggibile il tutto, che tra l’altro non contiene virgolette. E cioè senza il segno grafico che indica che quelle sono parole riportate, quindi pronunciate o scritte da una precisa persona. Un titoletto che è un’estrema sintesi giornalistica, dunque, di quanto espresso dal comunicato stesso, nel quale si legge: “esistono una serie di disservizi che fanno capo all’azienda”. Frase sintetizzata nel titoletto in “quell’azienda non funziona”. Se l’italiano non è un’opinione… 

Regole per corrette relazioni e libertà di stampa

Non è necessario andare oltre. Se l’Assessora desidera approfondire le regole delle corrette relazioni tra Ente Pubblico e giornali potrà chiedere al proprio ufficio stampa, dove lavorano validi professionisti esperti di Comunicazione Istituzionale.

Prima di augurare un buon lavoro all’Assessora e a tutta la Giunta colligiana per i prossimi cinque anni, ci terrei però a ricordare alcuni principi inderogabili del lavoro giornalistico.

Nessun giornale è obbligato a pubblicare un qualsiasi comunicato inviato da chicchessia, né tantomeno è obbligato a farlo nella sua interezza e nelle forme richieste da chi lo invia. La pubblicazione da parte della testata rappresenta una decisione autonoma del direttore, così come le forme in cui essa avviene. Pubblicarlo è quindi anche una questione di considerazione e cortesia verso chi invia il comunicato e come tale andrebbe riconosciuta e apprezzata.

I giornalisti sono tenuti a rispettare un mare di leggi e di regole deontologiche. Ma, per il momento, l’asservimento alla Pubblica Amministrazione non è contemplato.

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