26 Novembre 2025

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Violenza sessuale, svolta storica: il nuovo 609-bis mette al centro il consenso

Violenza sessuale, svolta storica: il nuovo 609-bis mette al centro il consenso

Di Yuleisy Cruz Lezcano

L’approvazione, da parte della Camera dei Deputati, della proposta di legge che riscrive l’articolo 609-bis del codice penale segna un passaggio storico nel modo in cui l’Italia riconosce, definisce e contrasta la violenza sessuale. È un cambiamento che non nasce dal nulla ma affonda le sue radici in una storia legislativa iniziata quasi vent’anni fa, con la legge n. 154/2006, uno dei primi interventi organici nel nostro ordinamento per ampliare la definizione di violenza sessuale e rafforzare gli strumenti di tutela delle vittime. Quella norma aveva già tracciato un solco profondo: per la prima volta venivano riconosciuti come reato una gamma più ampia di comportamenti, dallo stupro alle molestie fino ad altre forme di abuso sessuale, e si innalzavano le pene per chi commetteva tali atti. Era una legge nata per rispondere a un cambiamento culturale in atto, alla crescente consapevolezza che la violenza non si esaurisce nel gesto eclatante, ma comprende tutte le forme di imposizione e sopraffazione del corpo altrui.

Oggi quel solco si allarga. L’approvazione del disegno di legge Boldrini e altri (A.C. 1693-A) e delle proposte Sportiello e Ascari (A.C. 2151-2279), uscito dalla Commissione Giustizia con la definizione chiave di “consenso libero e attuale”, riscrive profondamente le basi della tutela penale. Non si concentra più sul concetto di costrizione come elemento cardine del reato, ma sull’assenza di consenso. È un cambiamento di prospettiva radicale: non si chiede più alla vittima di dimostrare di essere stata costretta, minacciata o fisicamente sopraffatta; si chiede all’autore di aver agito solo in presenza di un consenso chiaro, presente nel momento del fatto, manifestato senza ambiguità. Il corpo non è disponibile per default e la libertà sessuale diventa un diritto positivo, non una condizione da difendere a posteriori.

Il nuovo articolo 609-bis, così come approvato alla Camera il 19 novembre 2025, recita che “chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali ad un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni”. Una formula che allinea l’Italia ai principali ordinamenti europei, inclusi quelli che adottano il modello “solo sì è sì”, e che rompe in modo definitivo con l’idea, ancora diffusa in passato, che la violenza sessuale dovesse essere provata attraverso segni fisici, resistenza, o l’evidenza del terrore.

La norma non cancella, ma integra i casi tradizionalmente contemplati: rimangono puniti con la stessa severità gli atti sessuali compiuti mediante violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittando di condizioni di inferiorità fisica o psichica. Si aggiunge la particolare vulnerabilità della persona offesa, riconosciuta esplicitamente, e la sostituzione di persona come modalità di inganno. Viene confermata la riduzione di pena nei casi di minore gravità, fino a due terzi, una previsione che apre il dibattito su come distinguere questi casi senza sminuire la gravità del reato. Ma è proprio nella centralità del consenso che la riforma esprime la sua forza rivoluzionaria.

Il mutamento della legge riflette un mutamento nel pensiero collettivo: la società sta riconoscendo che la violenza sessuale non è solo un atto fisico, ma un abuso di potere, un’invasione della libertà e dell’autodeterminazione, una violazione della dignità. E che il consenso non può essere presunto, frainteso o interpretato, ma deve essere presente, consapevole, espresso, libero da pressioni e libero di essere revocato in qualsiasi momento. In altre parole, il diritto penale si sta adattando a una consapevolezza che il femminismo, le associazioni e i centri antiviolenza sostengono da decenni: la violenza sessuale non è un crimine di passione, ma un crimine di dominio.

Questa riforma non chiude un percorso ma lo apre. La sua approvazione in Camera rappresenta un passo avanti, in attesa del passaggio al Senato, per costruire un Paese in cui la giustizia non arrivi tardi e in cui la vittima non debba dimostrare di aver resistito per essere creduta. Un Paese in cui la cultura del consenso diventa parte dell’educazione, della prevenzione, della vita quotidiana. E in cui la legge non si limita a punire, ma contribuisce a trasformare la società che la applica.

 

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