A cinquant'anni dalla sua tragica e brutale morte, avvenuta tra l'1 e il 2 novembre 1975 all'Idroscalo di Ostia, la figura di Pier Paolo Pasolini (1922-1975) non ha perso la sua forza prorompente. Poeta, regista, romanziere, saggista e critico, Pasolini è stato e rimane un intellettuale scomodo perché la sua opera e la sua vita hanno messo in crisi le fondamenta etiche e politiche dell'Italia del suo tempo, anticipando le brutture e le problematiche della contemporaneità.
La scomodità dell'eretico: tra omosessualità, fede e politica
La potenza intellettuale di Pasolini nasceva da un'identità complessa, fondata su contraddizioni vissute profondamente: l'omosessualità, il cattolicesimo, il comunismo si fondono nella "disperata vitalità" che contraddistingue Pasolini
L'omosessualità fu un fattore di scandalo e di esclusione, a partire dalla sua espulsione dal Partito Comunista Italiano (PCI) nel 1949. Per Pasolini, tuttavia, l'essere "diverso" lo mise naturalmente dalla parte degli "ultimi"—il sottoproletariato, i reietti delle borgate romane—trasformando la sua condizione in un punto di osservazione privilegiato per denunciare l'ipocrisia sociale.
Nonostante si definisse ateo e anticlericale, Pasolini era intriso di una profonda tensione religiosa e di un senso del sacro ereditato dalla sua formazione. La sua fede non era rivolta alla Chiesa istituzionale, ma all'autenticità mistica e al Vangelo, specialmente nella sua dimensione di riscatto per i poveri. Capolavori come Il Vangelo secondo Matteo manifestano questa fede laica ed eretica, incentrata sull'ossessione per il sacro e per l'archetipo del male nella società.
La sua adesione al comunismo era animata da un viscerale amore per il mondo contadino e proletario, ma si trattava di un "marxismo estetico" e "antimoderno". Pasolini criticò ferocemente il PCI per il suo progressivo imborghesimento e per non aver colto le vere trasformazioni in atto. La sua condanna era sempre rivolta all'ipocrisia dei "potenti", inclusi quelli che si nascondevano dietro bandiere ideologiche.
L'anticipazione Profetica: il "Nuovo Fascismo" dell'omologazione
La lucidità di Pasolini lo rese un vero e proprio profeta. La sua più grande anticipazione riguarda la natura del nuovo potere emerso dal boom economico degli anni Sessanta e Settanta, un fenomeno che chiamò il "nuovo fascismo".
A differenza del fascismo storico, che tentava di reprimere dall'esterno le diversità, il nuovo potere capitalistico e consumistico agiva dall'interno, attraverso il sistema dei mass media (in particolare la televisione), imponendo un'omologazione culturale e valoriale. Questo portò a un devastante "mutamento antropologico": "La 'tolleranza' dell'ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana" (Corriere della Sera, 1973).
Pasolini intuì che il consumo e il benessere materiale avrebbero cancellato le culture regionali, le identità specifiche e i valori tradizionali, generando un individuo standardizzato, privo di radici e perennemente frustrato dal desiderio di beni che non poteva raggiungere. L'omologazione al modello borghese era, per lui, più totalitaria e definitiva di qualsiasi dittatura politica.
"Io so": la denuncia civile
L'apice della sua battaglia civile si trova nell'editoriale "Cos'è questo golpe? Io so", pubblicato sul Corriere della Sera nel novembre 1974. Scritto nel pieno della "strategia della tensione", Pasolini dichiarò pubblicamente di conoscere i nomi dei mandanti occulti delle stragi e dei tentativi di colpo di Stato che insanguinavano l'Italia: "Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Ho solo qualche certezza (se così si può chiamare la verità)."
Questo gesto non fu un'accusa giudiziaria, ma un atto di denuncia morale e politica, con cui Pasolini, nel suo ruolo di intellettuale, rivendicava il dovere di mettere in connessione i fatti, anche in assenza di prove legali, sfidando direttamente i "poteri occulti" e la corruzione della classe dirigente.
Il genio poliedrico: poeta, regista, romanziere, critico
L'indagine pasoliniana sul mondo si espresse in ogni campo artistico, rendendolo un pioniere:
La sua poesia (es. Le ceneri di Gramsci) univa il lirismo struggente alla cronaca politica, utilizzando linguaggi diversi (dal dialetto friulano all'italiano colto) per dare voce a un mondo in disfacimento. In opere come Ragazzi di vita e Una vita violenta, immortalò la Roma delle borgate, introducendo una lingua ibrida e cruda e un realismo lontano da ogni idealizzazione. Dai drammi neorealisti (Accattone) ai film mitologici (Medea), fino all'estremismo di Salò, il suo cinema fu una costante ricerca di verità, unendo mito, storia e l'indagine sul corpo e sulla sessualità come luoghi di scontro tra sacro e potere. I suoi scritti saggistici e i suoi articoli di giornale (Scritti corsari) sono un esempio di critica culturale e politica che non si è mai sottratta al giudizio etico, analizzando il cinema, la letteratura e i media con una lucidità disarmante.
A cinquant'anni dalla sua morte, Pasolini è attuale proprio perché le sue denunce—dalla tirannia dell'omologazione alla corruzione dei poteri—descrivono con precisione il nostro presente, dimostrando che l'intellettuale scomodo è colui che, per amore della verità, è disposto a restare solo.
