Welfare aziendale in Toscana, l’occasione per cambiare (davvero) il modo di lavorare

er anni, quando si parlava di welfare aziendale, il pensiero correva subito a buoni pasto, fringe benefit, qualche voucher o convenzione, strumenti spesso poco utilizzati e talvolta percepiti più come un contentino che come un reale cambiamento. Ma oggi, finalmente, qualcosa è cambiato, e non si tratta di un cambio di facciata, ma di un vero e proprio ripensamento del modo in cui viviamo e costruiamo il lavoro. Oggi il welfare non è più un extra opzionale, ma una leva strategica.
Non è più un premio accessorio, ma un elemento essenziale nella cultura organizzativa. E in Toscana, questa evoluzione può diventare concreta grazie a un bando regionale che sta finanziando fino a 25.000 euro a fondo perduto per tutte le realtà che decidono di investire sul benessere, sulla flessibilità, sulla conciliazione tra vita e lavoro.
A poter accedere ai fondi non sono solo le aziende strutturate, ma anche cooperative, fondazioni, ETS, associazioni di categoria, startup, società benefit e perfino piccole imprese con un solo dipendente. Un segnale chiaro che questa opportunità è pensata non per pochi, ma per chiunque abbia una sede operativa in Toscana e voglia costruire un’organizzazione più attenta alle persone e più competitiva.
Secondo Anthony Colannino, consulente di management e fondatore di Value Uplift Consulting – il network di management consulting che ha già portato questo approccio a Grosseto e ora guarda ad Arezzo e Firenze – il welfare è molto più di una misura HR. “Non è un costo, è un investimento che si ripaga in produttività, fiducia e reputazione”, afferma con convinzione Colannino.
Il bando toscano non finanzia i soliti benefit simbolici, sostiene invece un welfare di conciliazione, fatto di misure concrete che incidono davvero nella vita quotidiana delle persone: la flessibilità negli orari di ingresso e uscita, la possibilità di gestire con più libertà i permessi o accedere a congedi aggiuntivi, strumenti digitali per facilitare il lavoro da remoto, ma anche servizi come baby-sitter, centri estivi, libri di testo per i figli o assistenza agli anziani. In parallelo, il bando valorizza anche i percorsi verso la Certificazione di Parità di Genere, offrendo non solo riconoscimento simbolico, ma veri vantaggi, come sgravi fiscali, premialità nelle gare pubbliche, rafforzamento della reputazione.
Ma perché un imprenditore, oggi, dovrebbe fermarsi a riflettere su questi temi e partecipare a questa proposta?
Ci sono molte risposte, e tutte sono concrete. C’è un finanziamento reale, fino a 25.000 euro, che consente di mettere in campo azioni utili senza incidere sul bilancio, c’è un risparmio misurabile, tra riduzione delle assenze, diminuzione del turnover, incentivi contributivi e fiscali. C’è un ritorno reputazionale, perché un’azienda che investe in benessere attira talenti, fidelizza i collaboratori, costruisce fiducia anche verso clienti e partner. Ma soprattutto, c’è un vantaggio competitivo reale. La parità di genere, ad esempio, non è solo un tema culturale, è una carta in più per ottenere punteggi più alti in bandi pubblici, accedere a nuovi mercati, posizionarsi meglio rispetto ai competitor.
Il progetto portato avanti da Value Uplift Consulting ha già pienamente dimostrato la sua efficacia nella provincia di Grosseto, grazie anche alla collaborazione con realtà come CNA Grosseto, che per prima ha creduto nel modello. In questo territorio, aziende, cooperative e associazioni sono state accompagnate passo dopo passo nell’accesso ai fondi, nella progettazione delle misure, nella costruzione di una rete territoriale che ha reso il welfare non solo uno strumento interno, ma un vero valore condiviso.
Fonte dire.it