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16 Agosto 2025

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Striscia di Gaza: vita sotto le bombe, fame e caldo estremo. Le testimonianze dal conflitto

Striscia di Gaza: vita sotto le bombe, fame e caldo estremo. Le testimonianze dal conflitto

«Non riesco a esprimere ciò che ci sta accadendo, mia cara amica Elisa. Ti giuro che non posso sopportare il genocidio e i crimini che ci stanno accadendo, crimini che non hanno paragoni nell'universo. La domanda è: fino a quando? Non abbiamo dormito un minuto la notte scorsa a causa dell'intensità dei bombardamenti e delle cinture di fuoco. Ma la vostra presenza con noi ci rende più tolleranti e fermi nell'affrontare tutto questo inferno che è assolutamente insopportabile».

È uno messaggio scritto nella chat di From the river to the sea – Charity support Palestine (Dal fiume al mare) associazione con la quale la fondatricce Elisa Niccolucci, proprietaria di Non solo Argento a Poggibonsi raccoglie fondi che poi vengono inviati a famiglie palestinesi. Un messaggio scritto da chi abita nella Striscia di Gaza e vive ogni giorno sotto le bombe. 

«Da quando il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato l’“invasione totale” di Gaza, la vita nella Striscia è precipitata in un incubo quotidiano, già più quanto non lo fosse finora», racconta Niccolucci. 

«I bombardamenti, già frequenti, si sono intensificati fino a diventare incessanti: giorno e notte, ogni cinque minuti un’esplosione. Non riescono a dormire neanche un minuto», racconta Niccolucci che mantiene contatti diretti quotidiani via Whatsapp con alcune famiglie che vivono nella Striscia.

A Deir al-Bala, una delle zone più colpite, «Jumana Salim, ha con sé tre nipotini, ha sentito le esplosioni a soli 200 metri dalla sua abitazione, senza alcun preavviso. "Non avevo mai sentito colpi così vicini" ci ha detto, e ha spiegato che in passato arrivavano volantini con pochi minuti di avvertimento e ci davano il tempo di scappare. Oggi nemmeno quello».La paura «è alimentata dalla convinzione diffusa che l’obiettivo sia l’annessione delle terre. E ogni volta che si parla di possibili accordi o tregue, i bombardamenti sembrano aumentare», commenta Niccolucci.

Oltre al rischio di morire sotto le bombe, la fame è una minaccia costante. «Il cugino di  Jumana è stato ucciso mentre cercava aiuti in uno dei centri di distribuzione gestiti da Israele, ribattezzati dalla popolazione "centri della morte" dove vengono ammazzate decine di persone ogni giorno. Non era mai andato, l'ha fatto ed è stato ucciso con un colpo alla testa. Quindi Le donazioni dirette dall’estero, come quelle che facciamo noi, sono oggi l’unico modo sicuro per consentire alle famiglie di procurarsi cibo. Perché adesso qualche camion in più è riuscito a entrare, qualche prodotto si trova e se anche i prezzi si sono leggermente abbassati, rimangono sempre alle stelle».

Abdul, padre di cinque figli, prima della guerra professore di Storia e Geografia, moglie maestra d'asilo che ha perso tutta la famiglia  genitori, sorella e nipoti, «è riuscito a comprare un chilo di farina e sei patate con l’ultima somma ricevuta. Spesso mangiano una sola volta al giorno, dando la precedenza ai bambini. In un pentolone, patate bollite diventano il pasto per tutti», continua.

Aya, invece, «vive in una tenda, come la mamma di Abdul, con due sorelline, e dove la temperatura interna supera i 50 gradi. “È disumano”, ci ha scritto in un messaggio».

Tra bombardamenti, scarsità di cibo e caldo soffocante, la vita a Gaza resta appesa a un filo. Ogni giorno è una lotta per sopravvivere. «Viviamo attaccati alla spunta blu di whatsapp, e aspettiamo che ci rispondano ai messaggi», conclude  Niccolucci.

 

📌 – La crisi umanitaria a Gaza in cifre

  • Popolazione: circa 2,3 milioni di persone (ONU).

  • Sfollati interni: oltre 1,9 milioni dall’inizio del conflitto (UNRWA).

  • Accesso a cibo e acqua: il 90% delle famiglie non riesce a garantire tre pasti al giorno; acqua potabile disponibile in media per meno di 4 ore al giorno (World Food Programme).

  • Sanità: 70% delle strutture mediche danneggiate o distrutte; mancano medicinali essenziali (OMS).

  • Temperature estive: punte di 50-51°C nelle aree non climatizzate, come tende e rifugi di fortuna.

  • Corridoi umanitari: fortemente limitati, con distribuzione di aiuti ostacolata e rischi mortali per chi si reca nei centri di raccolta.

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