Acqua e rifiuti, il Comitato referendario 'Trasparenza per Empoli': "Ecco perché paghiamo di più.
Abbiamo letto l'intervento di Nascosti sulle tariffe di acqua e rifiuti e sentiamo la necessità di chiarire alcuni punti, basandoci su dati ufficiali e su un’analisi completa che tenga conto delle reali dinamiche che determinano le tariffe dei servizi idrici e dei rifiuti in Italia, senza entrare nelle legittime questioni in essere tra i partiti.
I numeri citati da Nascosti provengono da ISPRA e ARERA, si tratta di fonti pubbliche e ufficiali che fotografano situazioni territoriali ben precise, tuttavia, occorre sottolineare che quei dati non possono essere letti in maniera semplicistica: le tariffe idriche e quelle dei rifiuti sono fortemente condizionate dalla morfologia e dalle caratteristiche strutturali dei territori.
Il nostro Paese è estremamente variegato: montagne, colline, pianure, coste e densità abitative molto diverse incidono in maniera determinante sui costi dei servizi, trarre conclusioni generiche e semplicistiche senza tener conto di questi fattori porta a valutazioni inesatte e incomplete.
È fondamentale ricordare che le tariffe non le decidono i gestori, né il fatto che una società sia pubblica, privata o quotata in borsa, le tariffe le struttura ARERA (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente) sulla base di parametri oggettivi, che riguardano le caratteristiche morfologiche, ambientali e infrastrutturali di ciascun territorio, dunque immaginare che una società solo perchè quotata in borsa possa automaticamente ridurre le tariffe è un’illusione, i parametri applicati da ARERA resterebbero identici e con essi le tariffe.
Un’analisi di Federconsumatori (2024) conferma che le tre città italiane con la bolletta dell’acqua più bassa per una famiglia tipo di tre persone (150 m³ l’anno) sono tutte gestite da società in house: Milano 160,13 €, Campobasso 191,18 €, Napoli 193,64 €. Questi dati dimostrano che da nord a sud il modello in house, con gestione pubblica diretta, porta alle tariffe più basse, senza sacrificare la qualità del servizio.
Per quanto riguarda i rifiuti, il caso di Contarina S.p.A. (società in house che serve 49 comuni in provincia di Treviso) è emblematico con un rifiuto urbano residuo pro capite di 41 kg/abitante/anno, contro una media regionale Veneto di 110 kg/abitante/anno.
Il dato dimostra come le politiche applicate da Contarina, in linea con il modello “Zero Waste”, abbiano portato a una drastica riduzione del rifiuto residuo, traducendosi in una gestione più efficiente e in costi più bassi per i cittadini.
Al contrario le grandi multiutility quotate che operano in altre aree del Veneto e in Italia, registrano dati molto più alti di rifiuto residuo pro capite e questo non è casuale: più rifiuti da trattare significano un giro d’affari maggiore per le società, ma anche bollette più alte per gli utenti.
Un altro punto da chiarire riguarda la questione degli investimenti, Nascosti sostiene che quotarsi in borsa serva a reperire capitali per finanziare nuovi investimenti, ma c’è un fatto che spesso viene taciuto: ogni euro investito deve comunque essere ripagato in tariffa. La legge è chiara, qualsiasi forma di finanziamento — sia esso un prestito bancario, un’obbligazione o la raccolta di capitali sul mercato azionario — deve essere recuperata attraverso le bollette e questo significa che, anche se la borsa regalasse miliardi (cosa che ovviamente non avviene), quei miliardi verrebbero obbligatoriamente ricaricati sulle tariffe, aumentandone il peso che grava sui cittadini.
La differenza è che i capitali raccolti tramite quotazione hanno un costo aggiuntivo permanente: l’obbligo di pagare dividendi agli azionisti ogni anno, per sempre è un debito infinito, che non si estingue mai, e che grava continuamente sulle bollette. È evidente quindi che la quotazione in borsa, lungi dall’essere una soluzione, si traduce in una scelta controproducente per le tasche di cittadini e imprese.
Ma la prova definitiva che alle nostre società di gestione la quotazione non serve per reperire risorse, arriva dai numeri sugli investimenti realizzati da Acque spa rispetto alle società quotate, che ad esempio per il 2021 con 129 €/abitante ha dimostrato una capacità di investimento superiore a tutte quante, con percentuali che vanno dal +58% rispetto ad IREN, +135% (più del doppio) rispetto ad HERA e addirittura +208% (più del triplo) rispetto ad ACEA.
Le nostre società come Acque S.p.A. dimostrano di avere già maggiori capacità di investimento di tutte le multiutility quotate, a conferma che la capacità di investimento non dipende dalla quotazione in borsa ma dalla volontà gestionale, il problema piuttosto sono le logiche con le quali si decidono gli investimenti e la divisione degli utili ai soci anche quando questi sono solo i comuni.
Invitiamo chiunque intenda discutere di tariffe, a fare analisi più complete e approfondite, utilizzando più fonti, guardando i numeri in prospettiva e senza pregiudizi ideologici.
I dati nazionali dimostrano che quando la gestione rimane interamente pubblica eviene esercitata con correttezza e competenza, sotto il controllo esclusivo dei Comuni, in assenza del principio della distribuzione degli utili ai soci, i risultati sono sempre gli stessi:
Tariffe più basse
Servizi di qualità elevata
Maggiore efficienza ambientale
Questa è la realtà che emerge dai numeri e che conferma, ancora una volta, la validità del modello in house rispetto alla logica della quotazione in borsa, tutto il resto allontana inevitabilmente da una possibilità concreta di risolvere i molti problemi che attanagliano i nostri territori. Intanto iniziamo con un SI al referendum empolese contro la multiutility.
Comunicato stampa COMITATO REFERENDARIO "TRASPARENZA PER EMPOLI"