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Scompare un poggibonsese vero dal cuore grande, addio Abramo Barucci

Il ricordo degli amici di un poggibonsese che

«Una delle più lucide memorie storiche di Poggibonsi». Mauro Minghi definisce così Abramo Barucci, novantenne, poggibonsese, sposato, due figli, scomparso stanotte.

Anche Franco Burresi lo ricorda «Ci lascia una persona per bene, dal cuore grande e generoso, che aveva saputo sobbarcarsi il carico di una famiglia numerosa già in età adolescenziale, una persona che portava ancora sulle sue spalle tutto il dolore della Poggibonsi ferita dalla guerra, un grande poggibonsese».

E dipinge una pagina della loro amicizia. «Alla vigilia di ogni Natale lui era sempre qui, a casa mia, con l’immancabile panettone. Ci sentivamo spesso, visto l’affetto che legava da sempre le nostre famiglie. Stavolta non ce l’ha fatta e sono andato io a portargli un piccolo dono, il libro nuovo, con la sua testimonianza di vita, che ci teneva tanto a vedere e che mi aveva fatto riscrivere una decina di volte, via via che affioravano i ricordi. Ho almeno questa piccola consolazione.»

Per anni Barucci aveva collaborato con  Angelo TravagliBruno BruniAnna Zani PoggialiLucia Pratelli Magni ai progetti legati alla memoria della Seconda Guerra Mondiale voluti dalla scuola Media “Marmocchi” dell’Istituto Comprensivo 1 di Poggibonsi. «Dite sempre no alla guerra» era stata la frase che aveva colpiti gli studenti durante una delle lezioni di storia vissuta della loro città. Era stato un racconto di dolore, di orrori di lutti. Proprio come quello vissuto da Abramo Barucci.

Abramo Barucci ancora piangeva nel ricordare la morte del babbo, sotto i bombardamenti del 29 dicembre 1943. «Mentre arrivavano gli aerei, babbo mi disse di attaccare la cavalla al barroccio e di portare via con la famiglia, la mamma, le sorelle, la zia. Nel salutarlo gli dissi “addio babbo” e lui quasi si arrabbio, “addio si dice a chi non ritorna”. E davvero non l’ho più rivisto, morì poco dopo preso in pieno da una bomba davanti al Politeama, mentre andava verso la stazione. Mi è rimasto solo un brandello di vestito».

foto di copertina tratta dalla pagina Facebook di Mauro Minghi

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